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Venuto al mondo: l'esempio di un romanzo che si fa vita

  • Immagine del redattore: Miriam
    Miriam
  • 20 gen 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Amore e Guerra


Ci sono dei libri che sono taglienti come lame, caratterizzati da una scrittura in grado di lacerare i loro stessi personaggi per rivelarne l’anima.

Libri che anche una volta letti continuano a scavarti dentro, a farti riflettere su tematiche a cui non avevi mai pensato prima, o a fartele vedere sotto una luce completamente diversa, mai considerata fino ad allora.

Venuto al mondo è uno di questi libri, uno dei pochi che mi ha lasciato quelle sensazioni profonde e a volte anche disagianti, perché disagianti sono i sentimenti con cui ti porta ad interfacciarti. 


foto del libro Venuto al mondo di Margaret Mazzantini, tenuto aperto con fiori di lavanda sopra le pagine e una candela che completa la foto
@imieilibrintazza

È un romanzo che pone al centro della sua storia la vita di Gemma, una donna con il suo amore turbolento con Diego e la sua disperata e spasmodica ricerca di maternità.

La particolarità di questa storia, però, è che non è una storia di un solo amore, ma di molteplici amori, tinti delle più diverse sfumature che solo l’amore è in grado di assumere.

La vita di Gemma e Diego si intreccia, infatti, con altre storie e altre vite, sullo sfondo della guerra serbo-croata degli anni ‘90 del Novecento, in una Sarajevo dilaniata dal conflitto. 

Amore e Guerra, due facce della stessa medaglia, di un’umanità ricca di contraddizioni.

In un alternarsi tra presente e passato della vita di Gemma vediamo come questa guerra assuma un posto di primo piano perché non è semplicemente uno sfondo su cui si svolgono le vite dei personaggi ma si intreccia con queste, ne influenza le sorti, cambiandole per sempre.

C'è questa polvere che non se ne va, è uno strato grigio, solido come cemento. Velida si tocca il petto e dice che quella polvere di cose che cadono è ormai dentro di loro, è colla sui loro polmoni. «È la polvere degli edifici dove abbiamo vissuto...della nostra biblioteca, la vecchia Viječnica, dell'università dove abbiamo insegnato, delle case dove siamo nati...»

Una guerra che spazza via i luoghi a cui si è appertenuti, in cui si è cresciuti, che spazza via la propria identità.

Ed è proprio il conflitto che delinea una netta separazione tra un occidente ricco e industrializzato e un occidente piegato in due, costretto alla fame, alla miseria, come unica linea di demarcazione una città di confine come Sarajevo.

Emerge anche il tema della colpa: la colpa di chi pur avendo potere volge la testa dall'altra parte, coprendosi di un velo di indifferenza, l'arma più distruttiva che possa esistere, e di come a fare le spese di tutto siano sempre i civili, ignare vittime di un gioco in cui sono pedine inconsapevoli.

Aspettavo la pace, le risoluzioni dell'Onu. Ascoltavo il papa che implorava di deporre le armi. Ma intanto a Ginevra i mandanti dell'orrore bevevano acqua minerale.

La maternità come speranza di rinascita


E se il tema della guerra non bastasse, a rendere straziante questo romanzo è proprio la tematica della maternità.

Una maternità che fatica a realizzarsi e che sembra essere l’unico collante in grado di tenere insieme i frammenti di cuore della stessa Gemma e della sua storia con Diego, l’unica variabile in grado di dare un senso alla sua vita.

Seguiamo quindi questa ricerca che si fa quasi ossessiva e che arriva a determinare la sua stessa identità, il suo valore come figlia, come moglie, come donna.

Una maternità, o la mancanza di essa, vissuta come una menomazione, un dolore interno che si fa fisico, corporale.

E questa ricerca diventa, dunque, ricerca di sé, ricerca dell’altro, ricerca di un senso da dare alla propria vita.

Io non soffro più. Ho già sofferto. Forse mi sento addirittura sollevata. Non sarò mai una madre. Resterò per sempre una ragazza. Invecchierò così, asciutta e sola. Il mio corpo non si sformerà, non si moltiplicherà. Non ci sarà Dio. Non ci sarà raccolto. Non ci sarà Natale. Bisogna cercare nel mondo, nella sua aridità, nelle sue strettoie il senso della vita... in questi negozi, in questo traffico. Invecchierò così. Morta, ecco come mi sento. Serena, in pace, perchè trapassata. [...] C'è un cartello attaccato al mio petto, come al collo dei poveri, come le targhette dei cani. DONNA STERILE.

Ma di nuovo le tematiche del romanzo si innestano l'una sull'altra dando nuovi significati agli eventi.

E così, intrecciandosi con la guerra, il tema della maternità si fa simbolicamente emblema di speranza, della capacità dell’umanità di annientarsi da sola ma allo stesso di rinascere, di riemergere dalle proprie stesse macerie.

E la speranza è, in fondo, il filo conduttore di tutto il romanzo, una speranza che si incarna proprio nel desiderio di rinascita.


Non penso basterebbero tutte le parole per descrivere la bellezza e la profondità di questo romanzo, la sua capacità di portare alla sospensione di qualsiasi giudizio morale, andando ad incarnare la complessità della vita, della morte, dell'attesa.

Non saprei descrivere esattamente le sensazioni che mi sono rimaste addosso una volta terminata la lettura, perchè è un romanzo in grado di commuoverti, infonderti speranza e devastarti allo stesso tempo e lasciarti questi effetti ben oltre il termine della lettura.

In qualche modo permane, ti rimane impresso dentro.

E ovviamente il merito è di un'autrice in grado di scavare a fondo nelle cose, nei personaggi, in grado di andare oltre la loro superficie, nel cuore delle emozioni umane.

La profondità di una scrittura che si fa delicata e straziante allo stesso tempo.

È l'unico libro che ho letto di Margaret Mazzantini, autrice che molto spesso viene criticata proprio per il suo stile di scrittura spezzato, con periodi molto brevi e diretti e che nel mio caso, invece, è stato proprio l'elemento che mi ha permesso di entrare subito in sintonia con la storia.

Non posso, quindi, che consigliarti questo romanzo perchè per me continua ad essere l'esempio per eccellenza di una letteratura che si fa emozione, dolore, speranza.

Rappresenta una letteratura che si fa, in poche parole, vita.


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